AVANGUARDIA ROMAGNOLA Architetture balneari del
XX secolo
Metropolis e minigolfs
di Maurizio Castelvetro
Un caldo giorno del ‘28 Ivonne, la moglie di Le Corbusier,
chiese al marito un’opinione riguardo l’ipotesi di una riposante vacanza
in un posto a la page: la Riviera Romagnola.
Il Maestro, guardandola, storse la bocca e non rispose, cosicché
il discorso finì lì.
Corbusier, notoriamente un estimatore dell’architettura navale ed un
propugnatore dell’architettura “mediterranea”, non dimostrò nemmeno
successivamente alcun interesse per la Riviera: grave perdita per gli
storici, questa, perché il Grande Vecchio, noto per la sua mania
di appuntare ogni sua esperienza di viaggio, ci avrebbe sicuramente
lasciato preziose considerazioni sul paesaggio urbano della Costa.
L’architettura dominante in quei luoghi in quegli anni (per lo più
una sorta di tarda e provinciale propaggine dell’eclettismo borghese
ottocentesco) non avrebbe certamente mancato di suscitare le sue riprovazioni.
Se, come diceva uno dei padri fondatori del Movimento Moderno, W. Gropius,
la (nuova) architettura è “l’inevitabile prodotto logico delle
condizioni culturali e tecniche della nostra epoca”, è sin troppo
ovvio constatare che tali condizioni, sui placidi lidi romagnoli negli
anni a cavallo tra le due Guerre, differivano totalmente da quelle delle
metropoli: l’unica realtà industriale della Riviera era quella
dell’Industria dei Bagni, che non produceva però merci fisiche
bensì divertimento.
Assolutamente inesistenti erano dunque quelle tensioni economiche e
sociali che altrove, nel convulso clima delle Grandi Città, avrebbero
portato alla “inevitabile” nascita di una nuova sensibilità estetica,
di quell’insieme di esperienze portate avanti dalle avanguardie artistiche
europee - cubismo, futurismo, espressionismo, suprematismo, costruttivismo,
dadaismo, surrealismo, astrattismo - nei primi quaranta anni del XX
secolo; così, i turisti e gli indigeni che cominciavano ad affollare
le spiagge romagnole all’inizio del secolo, erano inesorabilmente ignari
che alle sei di sera dell’8 febbraio 1916 al Café Terasse di
Zurigo nell’istante in cui Hans Harp, lì presente con i suoi
dodici figli, portava una brioche alla narice sinistra, Tristan Tzara
battezzava il Dadaismo 1 .
Eppure, all’inizio del secolo è possibile cogliere alcuni segnali
di vivacità culturale nella presenza a Rimini di una pattuglia
di futuristi indigeni 2
o nei diffusi esempi di architetture influenzate dalla Secessione viennese
o dall’Art Noveau francese, presenti a Cesenatico; la cosmopolita clientela
che frequenta i Bagni, d’altra parte, non porta altro che una ventata
di raffinata e gaudiosa mondanità.
Nel 1928 si ha la Prima Esposizione di Architettura Razionale a Roma:
è solo a partire da questa data che il mondo culturale italiano
comincia ad aprirsi alle nuove esperienze architettoniche europee, anche
se ciò avviene più a livello di “forma” che di “contenuti”
a causa della quasi totale assenza nel nostro Paese di un contesto sociale
ed economico simile a quello che nel l’Europa centrale e settentrionale
aveva aperto la strada al rinnovamento dei processi costruttivi e posto
le premesse dell’urbanistica e dell’edilizia moderne.
Allo stesso modo, la presenza della nuova architettura sulla Costa è,
fino alla fine degli anni ‘40, frutto di un fenomeno culturale d’importazione,
dovuto all’intervento di progettisti extra-locali come Vaccaro, Busiri
Vici, Bega ed altri, che lavorano ed operano in una realtà metropolitana
oggettivamente diversa da quella romagnola, in stretto contatto con
i centri di potere politico, economico e culturale.
Tale intervento si manifesta in gran parte attraverso l’edificazione
delle Colonie Marine, monumentali architetture posate tra le dune di
sabbia, affacciantesi sul mare solitarie ed immense, le quali appaiono,
nel contesto urbano ed arnbientale dell’epoca, oggetti astratti appartenenti
ad un’altra galassia.
Pochissimi sono, in quegli anni, gli esempi di architetture ispirate ad un linguaggio
“moderno” realizzate da progettisti locali (ville private e piccole pensioni), rispetto
alle quali valgono le parole di apprezzamento rivolte da Edoardo Persico dalle pagine
di Casabella del 1935 il quale, accomunando simbolicamente le numerose opere minori
che in Italia si rifanno al linguaggio razionalista, ne elogia lo spirito di novità
tecnico-morale più che la qualità estetica considerata in sé.
«Noi lavoriamo come meglio possiamo senza soffermarci un solo istante
a meditare sulla forma. La forma migliore è sempre già data e che nessuno
tema di attuarla anche se nei suoi elementi è opera di altri. Ne abbiamo abbastanza
del genio originale. Ripetiamoci all’infinito».
(Adolf Loos, Arte nazionale, 1914) 3
Nel dopoguerra il clima sociale cambia radicalmente: un fortissimo fenomeno di
inurbamento provoca il progressivo spostamento nelle città rivierasche di
intere famiglie contadine, che abbandonano la terra attratte dal mito della città
nascente, alla ricerca di una nuova way of life. Il turismo subisce una forte
trasformazione, perdendo in gran parte la sua connotazione elitaria per diventare
“di massa”.
Profonde trasformazioni strutturali portano ad uno sconvolgimento del sistema ambientale
e socio-culturale della Riviera Romagnola: lo scenario urbano viene completamente
ridisegnato attraverso un massiccio, capillare ed incontrollato fenomeno di ristrutturazione
ed edificazione, mentre si assiste alla nascita di una nuova classe sociale - formata
da giovani dinamici, non di rado semianalfabeti, desiderosi di un riscatto sociale
ed economico - la quale rivendica un peso che le forze politiche non possono trascurare.
Possiamo definire diversamente da “moderno” lo spirito che anima l’espansione urbana
della Riviera Romagnola negli anni ‘50 e ‘60?
In quel clima rovente - in cui edifici sorgono e risorgono velocissimi, progetti
vengono redatti a velocità iperboliche, terreni comprati e rivenduti innumerevoli
volte in tempi brevissimi, interi boschi abbattuti - ogni riferimento alla tradizione
viene abbandonato, per ricostruire il mondo in aderenza alle nuove esigenze (economiche)
che la Storia impone.
L’assenza totale di programmazione, di vincoli legislativi sufficienti e di una preparazione
culturale adeguata alle nuove domande fa sì che si agisca nella pressoché
totale mancanza di un’”etica” alternativa a quella dominante che obbedisce a criteri
di pura contingenza, casualità e profitto secondo un’ottica “positivista”
che considera positiva in sé l’azione, giudicata come elemento generatore
di benessere e progresso.
L’immagine della città balneare si forma a partire da alcuni codici costruttivi
e linguistici elementari, che appartengono a tutti (committenti, progettisti e costruttori)
utili a realizzare, sia sul piano materiale che estetico, il massimo risparmio economico
e, più in generale, “energetico”; l’immagine esteriore, perciò, appare
sinteticamente efficace e comunicativa, ed in tale senso banale e, spesso, Kitsch:
appunto perché utilizza valori estetici facilmente raggiungibili e quindi
facilmente riproducibili, con fini essenzialmente commerciali e di profitto.
Del modello ideale di città “moderna”, così come elaborato dalle avanguardie
artistiche europee della prima metà del XX secolo, rimane sulla Riviera Romagnola
la scarnificata essenza, la cruda forma funzionalista privata delle sovrastrutture
ideologiche e del rigore formale ma non della componente evocativa ed immaginifica;
l’architettura non “dimostra” ma semplicemente “si mostra” per ciò che è.
Alla Metropoli, luogo della produzione (“Milano”), fa da contrappunto la Città
Balneare, luogo del tempo libero (“Milano Marittima”): ambedue funzionali ai ritmi
dell’industria, esse rappresentano i luoghi fantastici della Civiltà della
Macchina, di quella stessa che Mikhail Larionov esaltava nel suo manifesto del Raggismo
del 1913:
«Noi affermiamo che il genio della nostra epoca deve essere:
pantaloni, giacche, scarpe, tram, autobus, aeroplani, navi meravigliose.
Che cosa stupenda, quale grande epoca senza confronti nella storia mondiale!»
4
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NOTE
1 Mario De Micheli,
Le avanguardie artistiche del ‘900, Feltrinelli, 1986.
2 Ennio Grassi, Romagna futurista, Maggioli,
1986 (da cui é estratto il Manifesto dei Dinamisti)
3 Benedetto Gravagnuolo, Adolf Loos, Idea Books,
1981.
4 Mario De Micheli, op. cit.
IMMAGINE dall'alto
verso il basso - Fotomontaggio
pubblicitario di Cattolica (anni '40)
- F. T. Marinetti al Kursaal di Rimini (inizio '900) |